Il Maggio della Passione di Gesù Cristo
Ispirato a Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini è un Maggio itinerante che andò in scena per la prima volta il 4 e 5 aprile del 1985.
Furono Dario Marconcini e Paolo Billi, registi dello spettacolo, a stimolare il poeta butese Enzo Pardini nella produzione di nuove quartine, fino alla composizione di un Maggio in cinque atti, che vedrà coinvolto l’intero paese e condurrà il pubblico per strade, piazze e sagrati di Buti, con scene spettacolari e immagini profondamente evocative.
Il Maggio, prima di allora, non aveva mai trattato il tema religioso in senso stretto: eventuali figure di santi, raccontate nei Maggi, apparivano interessanti più per le loro gesta eroiche che per il significato puramente spirituale che avevano nell'immaginario collettivo.
L'idea dei due registi fu quella di avviare una nuova tradizione: un Maggio da replicare ogni anno, nella domenica delle Palme, che potesse coinvolgere l'intero paese ed essere di richiamo per le comunità circostanti. Per realizzare questo progetto si rese indispensabile l'approvazione della Chiesa, sia per il testo che per la rappresentazione. Con l'intervento di Padre Maggiani, il Vaticano dette il nulla osta formale alla messa in scena dell'opera e da allora, grazie alla grande levatura dei due registi e alla dedizione dei Maggianti, il Maggio della Passione di Gesù Cristo segnò un nuovo passo nella storia del teatro popolare, consegnando il Teatro del Maggio butese all'olimpo Cultura italiana novecentesca.
Drammaturgia Dario Marconcini e Paolo Billi
Traduzione in versi del Maggio Enzo Pardini
Regia Dario Marconcini
Costumi Leontina Collaceto
Tecnica Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia
“Avevamo trovato in chiesa una dimensione intima, direi poetica, che rischiava di divenire, nella ripetizione, non un fatto rituale ma estetico. Allora abbiamo deciso di affrontare di nuovo il percorso all’aperto, e così cercare una nuova sfida. Non è un remake di 37 anni fa, perché allora con Billi ci guidava una ricerca sul campo di tipo antropologico che portava a porci delle domande davanti allo smarrimento dato dalla fine di un mondo culturale e, in particolare, di una cultura popolare che stava per ridursi solo a una forma dì folklore buono per le saghe di paese. Il Maggio della passione, allora, fu un evento che in qualche modo dette una scossa a tutte le ricerche sul canto del maggio e ridette linfa e dignità a questa forma di espressione artistica, spesso dimenticata, patrimonio e tesoro di una comunità. Uscire oggi fuori, dopo il tempo in questi anni trascorso al chiuso nella penombra della chiesa, ci porrà nuovi interrogativi. Intanto non ci sono più molti dei maggianti di allora che erano abituati al canto all’aperto e la loro voce si era plasmata risuonando per campi e valli. I tempi sono cambiati, i luoghi hanno nuovi abitanti, gli interpreti di ora ,pur valorosi e generosi, non hanno quelle antiche risuonanze, rispettano più il presente e ce lo restituiscono con più moderne inflessioni e sfumature ,sono più pragmatici e, se vogliamo, più crudeli ;sono uno specchio dei nostri giorni. Quale sarà l’impatto? Quali i rifiuti? Quali le sensazioni? Quali le risonanze? Poi nell’ultima parte ritorneremo in chiesa e lì forse, dopo questo breve e intenso viaggio, dopo questo spaesamento, non sembrerà più inutile il sacrificio di Cristo, l'aver dolorosamente in qualche modo cercato di incarnarlo, così come il pianto rituale delle donne potrà di nuovo cercare di essere memoria condivisa, con la speranza che l’indifferenza davanti al racconto di questa grande storia cada e ci porti a un momento comune di silenzio, turbamento, compassione. In questo cammino ,che inizierà dal teatro, là dove tutto cominciò, ci faranno da guida, di luogo in luogo, le musiche e i canti della Missa Luba e della Matthaus Passion di J.S.Bach ,che scandivano “Il Vangelo secondo Matteo” di P. P.Pasolini ,alla cui memoria fu dedicata questa scrittura del 1985.“
Dario Marconcini - maggio 2022